giovedì 2 febbraio 2012

MEMORIA FISSA O HARD DISK ESTERNO?

La memoria, la capacità di acquisire e immagazzinare informazioni, che siano semplici come i dettagli delle routine giornaliere o complesse come la conoscenza astratta della geografia e dell’algebra, è uno degli aspetti più notevoli del comportamento umano.[1]
Quando immagazziniamo un'informazione stimoliamo aree come ippocampo ed amigdala ed anche altre aree che contribuiscono alla formazione di una configurazione neuronale precisa. Ogni informazione corrisponde ad una configurazione neurale specifica. Possiamo, semplicisticamente, parlare dell’esistenza di più memorie:
·         La memoria sensoriale
·         La memoria a breve termine
·         La memoria a lungo termine
Queste ci permettono di ricordare a lungo o per un breve periodo un’informazione, di memorizzare un dato visivo piuttosto che uditivo.
E qual è la memoria che utilizziamo oggi? Io a questi tre tipi di memoria ne aggiungerei una terza: Hard disk esterno. Non è forse vero che i numeri telefonici non li memorizziamo più … “tanto c’è il cellulare!”. Se parlassimo dei compleanni? E … chi se li ricorda: uno noto Social Network ce li segna giornalmente in alto a destra e così non corriamo più il pericolo di fare brutte figure. Per non parlare di appuntamenti quotidiani che diligentemente annotiamo nella nostra agendina o nella memoria dello Smartphone così “siamo sicuri di non dimenticarci” … Ma se ci dimenticassimo di aprire l’agendina o il nostro Smarphone dovesse malauguratamente cadere in una pozzanghera? Cosa succederà dei nostri impegni quotidiani?
Si può inorridire sentendo paragonare la memoria ad un muscolo, non è proprio quello che può essere definito un linguaggio scientifico.  Nel processo di memorizzazione di un’informazione la memoria non lavora da sola, ma intervengono altri fattori quali interesse, attenzione ed emozioni, di conseguenza la memoria non può essere allenata. È vero, questi tre fattori esterni giocano un ruolo importante nel ricordare degli eventi, delle esperienze, delle capacità da apprendere e apprese. È anche vero, però, che alcune cose bisogna impararle perché servono, a discapito dell’interesse o dell’emozioni che mi possano suscitare e così l’attenzione la dovrò utilizzare ugualmente, anche di contro voglia. Di conseguenza memorizzerò informazioni ed inizierò così ad allenare la mia memoria. Perché devo fare affidamento ad agende elettroniche, rubriche digitali, calendari digitali che ricordano tutto al posto mio? Perché qui non si tratta di dire: “Ma io non mi dimentico le cose, lo faccio solo perché così sono più sicuro di ricordarle!”. Non ci accorgiamo che lentamente facciamo sempre più affidamento sull’appunto che prendiamo e non su quello che ricordiamo ed il passo nel decidere, molto probabilmente inconsciamente, di non ricordare più nulla perché tanto ho l’appunto è veramente breve.
Non è successa la stessa cosa alle scuole elementari? Appena imparate le tabelline con i famosi schieramenti (per schieramento si intende dire tutta la moltiplicazione 5 x 5=25, 5 x 6=30, non solo il risultato) eravamo dei mostri nei calcoli, verso la quarta elementare abbiamo iniziato ad eliminare lo schieramento e ricordavamo solamente la sequenza dei numeri ( 5, 10, 15, 20 … ), arrivati alle medie ci veniva detto “Non vi preoccupate per i calcoli, potete usare le calcolatrici” e così, magicamente, ci siamo ritrovati a 20 anni che per fare la spesa tiriamo fuori il cellulare, modalità calcolatrice, e calcoliamo i nostri acquisti.
Da qui nasce l’esigenza di programmi di potenziamento cognitivo e “allenamento” della memoria, credo che questa sia proprio u bisogno degli ultimi decenni. Voler “allenare la memoria” non vuol dire non essere al passo con i tempi, ma avere più cura delle nostre capacità e non lasciarle cadere.




[1] Eric R. Kandel, 2007, Alla ricerca della memoria. La storia di una nuova scienza della mente, Codice, Torino



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