venerdì 14 settembre 2012

PERCHE' NEL 2012 SI RACCONTANO ANCORA LE STORIE??


La lettura è un elemento molto importante nella crescita del bambino. Essa ha delle forti analogie con il gioco: stimola la fantasia, suscita delle emozioni, il bambino diventa parte di essa. Quante volte vi è capitato di stare raccontando la solita storia di Cappuccetto Rosso e vi siete accorti che ad ogni racconto il bambino aggiungeva qualche vivanda nuova al cestino per la nonna? Oppure i famosi Tre porcellini si sono mai trasformati in eroi con i super poteri?
Libri gioco, libri pop up, libri sensoriali sono tra i primi strumenti che determinano questo avvicinamento positivo e precoce al mondo dello stampato. Far entrare e uscire i personaggi dalle pagine chiuse, poter creare situazioni “da pagina di libro” traendole dalla propria realtà e costruendone contorni e raffigurazioni, sedimenta il buon rapporto col libro e dimostra concretamente come tra l’immaginario elaborato e la pagina si possa creare un circuito di stimoli che viene poi conservato, riprodotto, mescolato, ora chiudendo il libro, ora sfogliando le pagine, ora riaprendolo, seguendo ordini diversi.[1]
La lettura, quindi il racconto, può essere un momento intimo, in cui, madre e figlio o padre e figlio condividono le avventure del loro eroe preferito, oppure un momento di confronto e incontro con gli altri durante le attività di lettura di gruppo.
L’utilizzo della narrazione in un gruppo, ha da sempre assolto una triplice finalità: stabilisce un rapporto diretto fra persone; innesca un lavoro creativo, da parte de bambino, di elaborazione fantastica e di ricerca dei significati racchiusi nel racconto; trasmette un messaggio che è poi il contenuto del racconto.[2]
Si racconta perché ciò permette di instaurare un canale comunicativo diretto con i bambini, adottando un linguaggio a loro familiare si permette, alla ascoltatore di utilizzare appieno le proprie capacità di astrazione ed immaginazione. Conoscere la realtà attraverso la fantasia.
Il racconto aderisce in pieno al modo di pensare dell’infanzia.
Il bambino dai quattro ai dieci anni si trova in una fase del suo sviluppo in cui gli elementi della fantasia hanno ancora prevalenza sulla realtà e sui fattori concreti della vita. Il bambino è in grado di lasciarsi coinvolgere dalle storie ascoltate, senza alcuna fatica, attraverso le emozioni e le sensazioni percepisce subito gli stati d’animo dei personaggi, inoltre l’esperienza narrativa del piccolo ascoltatore, non finisce quando l’adulto ha finito il suo racconto. È per questo che è importante unire alla narrazione delle piccole attività che continuino il racconto, a casa si potrebbero fare dei disegni sui personaggi della storia, oppure costruire l’oggetto magico del protagonista, o esorcizzare la paura nei confronti del personaggio antagonista rappresentandolo e giocando con esso. Sono tanti i modi per seguire il bambino nella sua fantasia ed è un bene, spesso, lasciarsi guidare da lui: sicuramente si stupirà con i giochi che organizzerà.


[1] Acerbi, Martein, IL GIOCO E’ DI PIU’, Edizione Junior, 2009, p.138.
[2] Agesci, MANUALE DI BRANCA L/C, Edizioni scout fiordaliso, 2010

mercoledì 13 giugno 2012

... MA COSA SONO LE ABILITA’ SCOLASTICHE?

Inizia l’estate e con essa, cominciano le tante attività ludiche, sportive, e di sostegno scolastico per i ragazzi. Un po’ perché i genitori lavorano e non sanno dove lasciare i propri figli, un po’ perché condividere esperienze con i coetanei fa sempre bene nell’età dello sviluppo, le famiglie si trovano a dover decidere quale sia l’attività migliore da far seguire al bambino durante l’estate.
Essendo appena finita la scuola, non sembra giusto che i ragazzi debbano subito mettersi con la testa sui libri e svolgere i compiti delle vacanze. È importante trovare delle attività che facciano divertire il bambino, ma nello stesso tempo che tengano vivo quell’allenamento alle abilità scolastiche che durante le vacanze estive si rischia di perdere.
Ma cosa sono in realtà queste abilità scolastiche? Niente libro di scuola, niente computer … solamente fantasia, attenzione, memoria e movimento.
Questi quattro aggettivi, sono degli elementi che accompagnano gli apprendimenti dei vostri figli dal primo anno di scuola dell’infanzia, fino all’università. Facciamo un esempio pratico.
Immaginate quando la maestra a scuola chiede a vostro figlio di raccontare cosa ha fatto nel fine settimana. Per prima cosa il bambino dovrà ricordare dove è stato, con chi, quali attività ha svolto e se gli sono piaciute; per fare ciò utilizzerà memoria ed attenzione, due processi che vanno quasi sempre a braccetto. Per mettere in ordine queste idee, è importante che il bambino dia una sequenzialità agli eventi, è un movimento avanti e indietro nel tempo, se vostro figlio ha difficoltà in questi movimenti motori potrà avere le medesime difficoltà nell’ordinare sequenzialmente le idee, ed infine, dovrà colorare il racconto con i particolari che solo un bambino sa trovare, ecco la fantasia.
A scuola si lavora molto di più sulle nozioni che sulle abilità, è compito dei genitori e degli specialisti lavorare su quest’ultime con piccoli giochi e strategie che vanno a potenziare le capacità  che il bambino già possiede, oppure in cui è carente.
http://www.papersera.net/utenti/giochi.php

giovedì 24 maggio 2012

COME SCEGLIERE L'ASILO? ECCO LE BUONE PRATICHE DI UN NIDO

Chi sono i bambini che frequentano il Nido?
Sono dei bambini sfortunati che le mamme non riescono a seguire a casa perché troppo impegnate? 
Ho sempre visto l’Asilo come un ambiente-risorsa per i bambini curiosi, attivi, attenti, come direbbe Maria Montessori, per queste piccole menti assorbenti[1].
Partendo da queste considerazioni, vorrei sottolineare quale è, a mio avviso l' elemento da curare maggiormente all’interno di tale ambiente: LA MOTRICITA'. Una motricità che aiuti il bambino a scoprire se stesso nella maniera più autonoma possibile. L’educatore dovrà solamente guidare il bambino e non comandare, farsi ascoltare e raramente rimproverare, farsi rispettare e svolgere il programma senza alcuna imposizione. Il bisogno di libertà e di spontaneità da parte del bambino è alla base di uno sviluppo motorio armonico che ha inizio con la nascita e prosegue nella sua crescita. Attraverso la motricità il bambino migliora e potenzia le proprie capacità e consapevolezze. Troppi nidi sono vittima della competizione: vengono proposte attività il più innovative possibili, che alla fine vanno oltre le competenze dei bambini di quell’età. Il risultato di ciò sono bambini che a tre anni e mezzo non possiedono ancora un equilibrio completo e non sanno saltellare sul posto, ma sapranno benissimo i numeri fino a dieci e le lettere dalla A alla Z.
Le buone pratiche in un nido, sono quegli insegnamenti che sanno guardare lontano: apprendimenti basati su reali teorie di quest’età e legati alla realtà dei bambini con i quali si lavora e non relativi a semplici supposizioni delle educatrici. Così come è importante condurre il bambino alla scoperta di nuovi mondi tattili, visivi, uditivi è anche importante non precorrere i tempi. Le buone pratiche possono e debbono essere il frutto dell’esperienza ripensata, rielaborata, riorganizzata. Sarebbe un rischio se una pratica, una volta consolidata, fosse data per scontata e considerata immodificabile. Gli esempi trovati sui libri spesso non si adattano alla realtà dei bambini con cui ci si relaziona. Spesso una pratica, diffusa e consolidata, è il frutto di lunghe prove sperimentali, anche se non esplicitamente intese o percepite come tali e rappresenta frequentemente la sintesi delle soluzioni migliori e più efficaci fra quelle che era possibile individuare. Educare nel nido di infanzia significa accompagnare lo sviluppo.[2]
L’insegnamento motorio, dovrà quindi, badare alle caratteristiche che hanno i bambini di quella determinata fascia d’età, rispettare i tempi del singolo e nello stesso tempo suscitare un apprendimento motorio che sia duraturo e che inviti il bambino ad utilizzarlo in diversi contesti. Le attività, guidate dall’educatore, mettono in gioco globalmente i bambini ciascuno con la propria storia, favorendo una crescita che può differenziarsi da individuo a individuo, in quanto non prevedono un’esecuzione di prodotti già predisposti, bensì la costruzione, la manipolazione, l’organizzazione di materiali e attrezzi secondo stili personali di apprendimento. Per favorire questi apprendimenti l’ideale è utilizzare i classici arredamenti presenti in un nido: materassi, tappeti, cuscini, strati di gomma piuma, ogni genere di materiale e di struttura sul quale rotolare, saltare, strisciare, fare capriole ed arrivare così a conoscere ogni parte del proprio corpo.
L’ipercontrollo può portare ad un’eterna insicurezza e alla non automatizzazione dell’esercizio. L’attenzione al movimento corretto deve essere utilizzata in modo costruttivo e non distruttivo.[3]

Fonte: http://mamma.pourfemme.it/articolo/vuoi-che-il-tuo-bambino-cresca-sereno-e-felice-allora-via-libera-ai-giochi-all-aria-aperta/14027/

Tali abilità motorie è importante che siano sviluppate all’interno di un gruppo sezione, in modo da favorire l’interazione con l’altro, la relazione, lo stare in uno spazio condiviso. Il movimento non è un’azione a sé stante da compiere come Robot per raggiungere un semplice obiettivo, difatti le abilità motorie, intellettive, emotive, sociali e comunicative non funzionano separatamente: il saper eseguire bene un compito motorio non dipende solo dalle capacità motorie, ma in modo determinante viene influenzato anche dalle capacità intellettive e dai rapporti interpersonali. Possedere abilità motorie non vuol dire solo che il soggetto si sa muovere, ma che si sa muovere bene e lo fa con sicurezza e sistematicità.[4] Lo sviluppo della motricità nell’età evolutiva, non può essere pensato in modo dissociato dallo sviluppo psicologico, sociale e affettivo, perché il soggetto in questa fase trova nella corporeità il mezzo privilegiato di comunicazione e di relazione con il mondo esterno. Lo sviluppo della personalità, durante questo periodo, è globale e procede per tappe nelle quali si verifica un’evoluzione che tocca tutti gli aspetti dell’individuo. Questo cammino si articola in tappe cronologiche o fasi di sviluppo che permettono al bambino di sviluppare le proprie potenzialità e di acquisire i livelli di motricità superiore.
Il bambino acquisisce naturalmente e senza sforzo grazie agli stimoli involontari che gli vengono forniti dall’esterno.



[1] M. CAMERUCCI, Psicomotricità: equilibrio tra mente e corpo, Morlacchi Editore, 2002, pag. 43
[2] F. CASOLO, Didattica delle attività motorie per l’età evolutiva, Edizioni Vita e Pensiero, 2011, pag. 53                                                                            [3] M. MONTESSORI, La mente del bambino. Mente assorbente, Editore Garzanti Libri, 1999                                                                                              [4] B. Q. BORGHI, Nido di Infanzia1, Erickson 2009, pag. 54, 55, 56


martedì 7 febbraio 2012

REGOLE IN FAMIGLIA ATTRAVERSO IL GIOCO


Attraverso il gioco il bambino prende coscienza del suo spazio all'interno della società, delle regole, dei comportamenti condivisi. E' il momento in cui si impara a capire il diverso e a relazionarsi con gli altri. Si impara ad essere sè stessi.
La società di oggi cerca di rinchiudere in casa i bambini, di ovattare le loro vite, proteggendoli ed isolandoli dalla realtà. Ma i bambini reagiscono e si ribellano: irrequieti, distratti, capricciosi, annoiati, furbetti e conducono lunghissimi confronti o veri e propri conflitti con gli insegnanti ed i genitori.
Di conseguenza, i genitori di oggi si vedono in crisi: non riescono a capire quali possano essere i loro errori, come poter aiutare i loro figli a crescere. Si sentono disorientati.
Il genitore ha bisogno di scoprire concretamente, di vedere anziché immaginare le potenzialità del figlio, i suoi limiti nelle capacità d’uso del corpo, le curiosità e le abilità di elaborazione, di espressione, di utilizzo di strumenti, le difficoltà e le tecniche nel destreggiarsi in mezzo al gruppo. Tutto ciò è possibile osservandolo, trascorrendo del tempo con il proprio figlio, giocando insieme. Ma quali saranno i giochi migliori per i nostri bambini? Quando un'attività può perdere il suo fine educativo?
Certo, non si può continuare a pensare che solo il gioco di una volta sia quello giusto, che il gioco senza materiali o quello che veniva fatto in cortile sia migliore di qualsiasi altra attività ludica. In questo modo si rischia di non vedere le esigenze dei bambini di oggi.
Oggi, il mercato del giocattolo determina i cambiamenti culturali e sociali, aiuta il bambino ad abituarsi a consumare, a volere tutto e non sapersi accontentare. In questo modo si crea un'ulteriore modo di giocare: soli, circondati da oggetti che il più delle volte annoiano piuttosto che stimolare la fantasia e la creatività. La parola d'ordine per i bambini fino ai nove anni è proprio MAGIA. Tutto ciò che gli permette di inventare, creare, fantasticare è fonte di divertimento.
Gli ambienti, di conseguenza, non possono essere solo contenitori di attività, ma devono diventare delle strutture educanti, il bambino deve poter entrare in relazione con esse. 
La formazione della personalità e la costruzione dell’identità passano attraverso le relazioni, la condivisione degli interessi, le curiosità, i confronti, i litigi, l'imparare ad aiutarsi reciprocamente. L'essere in grado di fare amicizia e di essere solidali è la medicina contro l'isolamento. 

Bisogna, perciò, attraverso il gioco, guidare il bambino verso relazioni solide, interessi sani, capacità di confrontarsi e di saper dire ciò che si pensa senza essere invadenti. E' importante cercare di non essere genitori che reprimano i propri figli. Essere apprensivi è normale, ma dobbiamo pensare che la scoperta delle emozioni, dell’ansia, dell’ignoto, della paura, della concentrazione, dell’attesa, generano la capacità di conoscersi, controllarsi, dominarsi per i bambini; l’opportunità di considerare il rischio del proprio agire, di valutarlo, di prenderne le misure, induce all’attenzione e diventa una forma di prevenzione. Questi stati d'animo sono strettamente legati alla conquista dell'autonomia per il proprio figlio.
E' importante, giocare con i propri figli, stabilendo delle regole condivisibili, sia per l'adulto che per il bambino. La regola non è giusta solo perchè l'ho detta io, ma perchè l'abbiamo creata insieme e compresa. E' un po' quello che succede nei rapporti con gli altri. Inseriamo nel gioco ciò che la quotidianità ci richiede. 
Il passo successivo, sarà la conquista dell' autocontrollo da parte del fanciullo. Esso è il risultato del passaggio dalla regola imposta alla regola compresa, condivisa, praticata.
Se il gruppo condivide, non è necessario codificare tutto, anzi, si può arrivare progressivamente ad una situazione di pochissime regole. Meno regole imposte ci saranno è più la famiglia diventerà un ambiente sereno in cui condividere spazi e idee.

giovedì 2 febbraio 2012

MEMORIA FISSA O HARD DISK ESTERNO?

La memoria, la capacità di acquisire e immagazzinare informazioni, che siano semplici come i dettagli delle routine giornaliere o complesse come la conoscenza astratta della geografia e dell’algebra, è uno degli aspetti più notevoli del comportamento umano.[1]
Quando immagazziniamo un'informazione stimoliamo aree come ippocampo ed amigdala ed anche altre aree che contribuiscono alla formazione di una configurazione neuronale precisa. Ogni informazione corrisponde ad una configurazione neurale specifica. Possiamo, semplicisticamente, parlare dell’esistenza di più memorie:
·         La memoria sensoriale
·         La memoria a breve termine
·         La memoria a lungo termine
Queste ci permettono di ricordare a lungo o per un breve periodo un’informazione, di memorizzare un dato visivo piuttosto che uditivo.
E qual è la memoria che utilizziamo oggi? Io a questi tre tipi di memoria ne aggiungerei una terza: Hard disk esterno. Non è forse vero che i numeri telefonici non li memorizziamo più … “tanto c’è il cellulare!”. Se parlassimo dei compleanni? E … chi se li ricorda: uno noto Social Network ce li segna giornalmente in alto a destra e così non corriamo più il pericolo di fare brutte figure. Per non parlare di appuntamenti quotidiani che diligentemente annotiamo nella nostra agendina o nella memoria dello Smartphone così “siamo sicuri di non dimenticarci” … Ma se ci dimenticassimo di aprire l’agendina o il nostro Smarphone dovesse malauguratamente cadere in una pozzanghera? Cosa succederà dei nostri impegni quotidiani?
Si può inorridire sentendo paragonare la memoria ad un muscolo, non è proprio quello che può essere definito un linguaggio scientifico.  Nel processo di memorizzazione di un’informazione la memoria non lavora da sola, ma intervengono altri fattori quali interesse, attenzione ed emozioni, di conseguenza la memoria non può essere allenata. È vero, questi tre fattori esterni giocano un ruolo importante nel ricordare degli eventi, delle esperienze, delle capacità da apprendere e apprese. È anche vero, però, che alcune cose bisogna impararle perché servono, a discapito dell’interesse o dell’emozioni che mi possano suscitare e così l’attenzione la dovrò utilizzare ugualmente, anche di contro voglia. Di conseguenza memorizzerò informazioni ed inizierò così ad allenare la mia memoria. Perché devo fare affidamento ad agende elettroniche, rubriche digitali, calendari digitali che ricordano tutto al posto mio? Perché qui non si tratta di dire: “Ma io non mi dimentico le cose, lo faccio solo perché così sono più sicuro di ricordarle!”. Non ci accorgiamo che lentamente facciamo sempre più affidamento sull’appunto che prendiamo e non su quello che ricordiamo ed il passo nel decidere, molto probabilmente inconsciamente, di non ricordare più nulla perché tanto ho l’appunto è veramente breve.
Non è successa la stessa cosa alle scuole elementari? Appena imparate le tabelline con i famosi schieramenti (per schieramento si intende dire tutta la moltiplicazione 5 x 5=25, 5 x 6=30, non solo il risultato) eravamo dei mostri nei calcoli, verso la quarta elementare abbiamo iniziato ad eliminare lo schieramento e ricordavamo solamente la sequenza dei numeri ( 5, 10, 15, 20 … ), arrivati alle medie ci veniva detto “Non vi preoccupate per i calcoli, potete usare le calcolatrici” e così, magicamente, ci siamo ritrovati a 20 anni che per fare la spesa tiriamo fuori il cellulare, modalità calcolatrice, e calcoliamo i nostri acquisti.
Da qui nasce l’esigenza di programmi di potenziamento cognitivo e “allenamento” della memoria, credo che questa sia proprio u bisogno degli ultimi decenni. Voler “allenare la memoria” non vuol dire non essere al passo con i tempi, ma avere più cura delle nostre capacità e non lasciarle cadere.




[1] Eric R. Kandel, 2007, Alla ricerca della memoria. La storia di una nuova scienza della mente, Codice, Torino



sabato 28 gennaio 2012

Importanza degli Screening sui Disturbi Dell'Apprendimento


I bambini con Disturbo dell’Apprendimento, più semplicemente nominati dislessici, sono quei bambini che l’adulto considera, spesso e volentieri, svogliati, pigri, capricciosi, poco diligenti. Tali comportamenti, molto spesso, sono sottovalutati. Sembra sia più semplice pensare che i bambini della società di oggi siano interessati solamente ad attività che li possano stimolare visivamente come un cartone animato o un gioco alla play station e che tutto il resto sia per loro noia, privo di qualsiasi interesse. Tali affermazioni sono troppo superficiali e sbrigative: i comportamenti prima citati possono essere considerati le nostre spie d’allarme per l’individuazione del disturbo.
Apparentemente il bambino con Dsa si comporta come gli altri: sorride, ha amicizie, gioca, ma in realtà, se si osservasse il modo in cui questi gioca con gli altri, la sua motricità all’interno di un’attività sportiva, la sua motricità fine nello svolgere un’attività manuale, il modo in cui pratica le autonomie quotidiane, ci renderemo conto che non è possibile considerarlo un bambino che diventa pigro nel momento in cui si tratta di comprendere la traccia di un problema, piuttosto che di fare un disegno o compiere un’esercitazione in palestra.
Il bambino impara, comprende. Le sue difficoltà sono nello svolgimento del compito, nella strategia da utilizzare, nell’ordinare più informazioni ricevute in contemporanea.
Da qui l’importanza di svolgere degli Screening non solo nelle scuole primarie, ma anche durante l’ultimo anno della scuola dell’infanzia: l’utilizzo delle sequenze, delle sinestesie, della motricità sono indicatori più che sufficienti per prevenire le ormai note difficoltà nella lettura, nella scrittura e nel calcolo. Con ciò non si vuole affermare che il bambino con Dsa in età scolare sia ormai irrecuperabile, ma prima ci si accorgerà delle disturbo e più facile sarà fare in modo che non sia pervasivo. Gli Screening a cinque anni hanno un importante valore predittivo.
Il Disturbo dell’Apprendimento è inteso come sindrome integrata di dislessia, disgrafia, discalculia, disortografia; è un disturbo dell’esercizio alla lettura, alla scrittura, al calcolo, alla comprensione dei testi di problemi matematici, di conseguenza non è vero che la dislessia, la disgrafia, la discalculia, la disortografia, possano essere causate da un cattivo insegnamento.
Lo Screening tende a rilevare la presenza di indicatori di possibili Disturbi Specifici d’Apprendimento.
Lo Screening non fornisce una diagnosi ma è un processo valutativo, atto ad osservare, nel caso peculiare dei Dsa in età prescolare: funzioni motorie, lateralità, funzioni percettive, organizzazione spazio-temporale, funzioni adattive generali, pensiero, comunicazione, grafo motricità, pre-numericità. Per quanto riguarda l’età scolare indaga, oltre alle precedenti aree: la lettura, la scrittura, la numericità ed il calcolo.

venerdì 27 gennaio 2012

Per Non Dimenticare

Monumento della Memoria-Berlino
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.

Se questo è un uomo PRIMO LEVI, Einaudi, Torino, 1956